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Costituzione VS era digitale

Pubblichiamo alcuni stralci dell’ordine del documento approvato nella discussione congressuale della sezione Anpi VI Municipio “Nascimben”.

«[…] L’intento del presente ordine del giorno è di sviluppare una visione critica della scienza e della sua esaltazione acritica nell’era della rivoluzione digitale, dei cambiamenti climatici, delle nanotecnologie, delle guerre sporche, e delle crisi sanitarie pandemiche. Oggi la presunta marcia trionfale della scienza ci sta aprendo tutte le porte prima chiuse a chiave e ci sta rivelando quanto ci era rimasto nascosto per secoli: eppure, paradossalmente, la stretta dei fanatismi economici/ideologici e della superstizione e del determinismo tecno scientifico, che avanza sotto la direzione dell’egemonia liberista sulla mente dell’uomo non è mai stata così forte.

Nella loro presunzione i padroni della intelligenza artificiale si ritengono gli unici soggetti capaci di dare risposte alla umanità. Mentre per noi il problema non è l’algoritmo in sé, ma il suo uso nell’ambito del sistema capitalistico e la stessa disoccupazione dipende dall’uso e non dal mezzo, in quanto non assistiamo alla fine del lavoro, ma alla sua trasformazione. Se accettassimo, viceversa, la teoria dell’onnipotenza informatica e la “Costituzione inattuale”, non avrebbero più senso i partiti, le classi, la lotta di classe e di conseguenza il fluire della storia e non avrebbe senso combattere il modo di produzione dominante , rimanendo l’ingiusta redistribuzione di ricchezza l’unico terreno di lotta.

L’antipolitica nasce da queste premesse egemoniche.

Mentre per noi, dove c’è il bastone del commando c’è il nostro terreno di lotta. Sul fronte del rapporto capitale e lavoro e totalitarismo scientifico 2.0 vanno ricercate le risposte per definire un agire che individui gli aspetti essenziali che caratterizzano in senso storico, le tendenze, le qualità dello sviluppo, il profilo complessivo del processo d’innovazione tecnico scientifico in atto nel mondo del lavoro, delle nuove forme della comunicazione di massa, dell’urgente necessità di socializzazione del sapere e delle sue nuove tecnologie, come sono state realizzate da due decenni a questa parte.

Abbiamo bisogno di una aggiornata dialettica costituzionale democratica e antifascista: per analizzare e distinguere le cose vive da quelle morte. La dialettica ci insegna a studiare le cose in movimento, non staticamente: cose vive, non morte. Ogni sviluppo ha le proprie radici nelle precedenti fasi, ed a sua volta è l’embrione e il punto di partenza di nuovi sviluppi, una rete infinita di relazioni che si rinforzano e perpetuano reciprocamente.

E allora vediamo che l’eccessiva specializzazione si trasforma spesso nel suo contrario: una eccessiva specializzazione, perfettamente favorevole in un determinato contesto evolutivo, si trasforma nel suo contrario quando le condizioni ambientali cambiano. Poiché la vita stessa è spesso in bilico sull’orlo del caos, anche cambiamenti relativamente piccoli possono produrre conseguenze catastrofiche: un fenomeno che si è ripetuto molte volte nel corso di milioni di anni di evoluzione.

Partiamo dai tre punti che sintetizzano il percorso egemonico prodotto nel tempo dalle classi dominanti:

  1. La scienza diventa il nuovo terreno dell’egemonia liberista. Chi ha in mano il vaccino è il web oggi il padrone del mondo.
  2. La scienza di mercato scopre, l’industria attua, governi e popoli si adattano
  3. Oppure: il sistema dominante sa tutto sul prezzo delle merci, ma ha bisogno di negare il valore delle cose. Negare e occultare per affermare il suo potere di ricatto, di condizionamento sulle istituzioni democratiche.

In questo modo e con i passaggi sottolineati, Il rapporto tra lavoro, capitale e conoscenza sembra bypassato dalle nuove frontiere aperte dalla innovazione digitale. Ma le cose stanno veramente così? Parliamo di un modello di società e di sviluppo, quello capitalista, che sta lanciando una sfida senza precedenti non solo allo scambio delle merci, ma direttamente alla autonomia della persona in quanto si presenta come un nuovo ordine economico che sfrutta l’esperienza umana come materia prima per pratiche commerciali segrete di estrazione, previsione e vendita, la produzione di beni è subordinata ad una nuova architettura globale per il cambiamento dei comportamenti delle masse di consumatori.

Il capitalismo industriale è stata tante cose progressive, ma anche regressive: il suo sviluppo (distorto) è una minaccia per la natura, mentre il capitalismo digitale nella sua forma totalitaria è una minaccia alla natura umana. Diviene una espropriazione dei diritti sociali e civili fondamentali che proviene dall’alto: un agire teso alla sovversione della sovranità popolare.

Lavoreremo tutti per una macchina intelligente o sarà quella macchina a essere usata da persone intelligenti?

Naturalmente per noi il problema non è il robot, ma l’uso capitalistico del robot. Non siamo luddisti, non ci battiamo per la distruzione delle macchine, ma anche in questo campo dell’innovazione vediamo che: Se anche la natura agisce in forma dialettica, il sapere digitalizzato non può eludere il confronto e lo scontro dialettico nel suo processo di sviluppo. L’eccessiva specializzazione si trasformerà in qualcosa di contrario quando cambieranno le condizioni ambientali?
Siamo alla casa consapevole come pensavano gli informatici del Georgia Tech nel 2000, che aveva come obiettivo un laboratorio vivente “aware home” per l’uso informatizzato in ogni luogo della propria dimora, per una simbiosi uomo-casa attraverso l’uso di sensori consapevoli o siamo andati molto oltre?
Allora si pensava che quei dati sarebbero rimasti in possesso dell’individuo e basta, oggi al contrario il diritto alla privacy e stato usurpato da un mercato aggressivo che ritiene di poter usare i dati delle persone le sue conoscenze e le sue esperienze senza dare conto a nessuno.

Il capitalismo digitale si appropria dell’esperienza umana usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti.

I dati comportamentali non solo conoscono i nostri comportamenti, ma li formano. Il loro scopo è automatizzare le informazioni, per poi automatizzarci, attraverso nuovi mezzi di produzione, come mezzi di modifica dei comportamenti umani.

Siamo all’esordio di un capitalismo parassitario, che non si ciba in prima istanza di lavoro, ma di ogni aspetto della vita umana. I prodotti e i servizi del capitalismo digitale non sono oggetto di uno scambio di beni e talvolta non si sviluppano, come il classico rapporto produttore e consumatore…sono al contrario esche che attirano gli utenti in operazione nelle quali le loro esperienze personali vengono estratte e impacchettate per gli scopi di altre persone … e noi esseri viventi siamo le fonti del surplus economico del capitalismo digitale.

  • Siamo tracciati.
  • Analizzati.
  • Scrutati e modificati.

Costituzione repubblicana e scienza 2.0: una sfida aperta.

Dalle cose appena descritte emergono le nuove frontiere del conflitto capitale-lavoro-conoscenza. Gli “adattamenti evolutivi” che originariamente permisero al capitalismo di abbattere il feudalesimo ed emergere come sistema socio economico dominante si sono trasformati da tempo nel proprio contrario. Tuttavia, il vecchio non muore d’incanto e il nuovo non emerge per magia, e nel mezzo si aprono orizzonti e esiti non scontati per una nuova stagione di riscatto umano.
Non dimenticando mai che le nostre idee e il nostro metodo d’analisi non funzionano come il libretto di istruzioni per comporre un mobile Ikea. Non dobbiamo mai sottovalutare l’avversario e gli ostacoli( gli attuali rapporti di forza del capitale) lungo il cammino: «quando attraversi il fiume devi sentire anche i sassi sotto i piedi» (vale a dire l’interconnessione dei fenomeni da analizzare) in quanto anche una piccola modifica di un organismo sociale, determina la modificazione complessiva della comunità sociale.
Cosi è, cosi è stato, cosi non sarà in eterno, e come dice lo slogan di presentazione del nostro congresso nazionale: “Vai dove ti porta la Costituzione” rilanciamo  un motto, una frase, che indica un  primo passo di liberazione da uno stato di paura e oppressione. È un passo che ti permette di consolidare e realizzare altri 100 passi nella lotta di emancipazione umana per una nuova civiltà, per la quale l’Anpi chiama all’unità di tutti i soggetti della trasformazione sociale dell’esistente.

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