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Perché il parco Calimera è chiuso?

Prime mobilitazioni per il diritto al verde pubblico

La domanda aleggia nel quartiere da diverso tempo e noi vogliamo provare a fare chiarezza sulla vicenda.

Ricordiamo a tutti che il parco Calimera è stato chiuso a marzo in attuazione delle norme anti coronavirus, ma in seguito con l’allentamento delle norme di quarantena, come mai rimane ancora chiuso al pubblico? Sappiamo che servivano meno di 1.500 euro per mettere in sicurezza solo l’area che metteva a rischio l’incolumità delle persone e riaprire il 90% dello spazio all’uso pubblico.  Ad oggi, tale intervento non è stato realizzato. Come sappiamo che ci sono 150 mila euro per  la ristrutturazione e messa in sicurezza dell’area. Un fondo dimezzato dai previsti 300 mila euro del 2015. Tuttavia, ci sembra che il parco sia blindato anche grazie al protagonismo senza reali proposte e atti conseguenti di alcune forze politiche locali. Denunciare i pericoli per tombini scoperti è cosa giusta e sacrosanta ma poi non votare il bilancio con i fondi per la messa in sicurezza non è cosa carina. Parliamo di un atteggiamento che odora di pura propaganda e che non porta nulla al benessere del territorio, qui il video con la famigerata denuncia.

 

Oltre la triste cronaca quotidiana, una domanda sorge spontanea: siamo sicuri che tutti amino questo parco?

Abbiamo forti dubbi a riguardo. Se mettiamo insieme 30 anni di storia, non singoli indizi, così come fatti e comportamenti continui e reiterati nel tempo. Tra il 1993 e il 1994 il parco venne occupato dai cittadini contro l’uso di quell’area che doveva fungere da deposito di materiale liquido chimico inerte non meglio specificato, da quella lotta del comitato di quartiere nacque l’idea di un parco per la cittadinanza tutta.

Per ben 3 consigli municipali la destra votò contro l’istituzione del parco. È cronaca messa agli atti delle assemblee dell’epoca. 

decorativo

Tra il 2001 e 2003, la destra e una parte del centro sinistra voleva affittare i locali ad uso commerciale e non voleva sentire storie per un utilizzo culturale e sociale dei locali stessi. Si tenne duro e si vinse anche quella battaglia. Da allora il Comitato di quartiere (Cdq) e le associazioni fanno gratuitamente interventi di tutela del parco. In seguito si ottiene dal comune una manutenzione fissa del bene pubblico. Dopo il 2008 arriva Alemanno e toglie il servizio di manutenzione: da allora emerge uno strano fenomeno e si intensificano atti di vandalismo. Iniziano a comparire sui locali svastiche e simboli di estrema destra. Il degrado, poi, veniva denunciato dalla forza politica non-partitica ad oggi al governo del municipio. 

Nel 2015 si debbono mettere 300 mila euro per interventi antidegrado per l’area pubblica. Poi riconfermati e dimezzati come descritto in precedenza. In seguito e fino ai giorni nostri ci sono stati vari incontri e tentativi del comitato di quartiere di non far cadere nel dimenticatoio (e nel degrado) il parco.
Purtroppo, per qualcuno questo spazio verde è ricordato solo per mera propaganda politicante della serie: “prima denunciamo i tombini scoperti, poi si vedrà” mentre non giustifica i suoi atti politici, le scelte assunte per anni contro un bene di tutti. Dall’altro lato chi governa il municipio, meritevole per aver messo soldi per il rilancio del parco, si perde per strada per un gruzzolo di pochi spiccioli, nonostante il sesto municipio avesse da tempo prodotto uno studio tecnico per la messa in sicurezza del bene pubblico, un progetto già da tempo visionato insieme al comitato di quartiere.attività al parco Ancora oggi, non riusciamo a capire perché tanta determinazione non abbia poi trovato riscontro con la disponibilità dei soldi già messi in bilancio.

In realtà il parco e la sua storia, così come di chi si è impegnato in questi anni per tutelarlo, affermano e significano una cosa molto semplice: il diritto all’autodeterminazione della vita pubblica. 

Per il libero diritto ad associarsi, a contribuire al bene comune, senza ricatti e padrini di nessuna sponda. Forse questo fatto dà fastidio ai potenti di turno e per tale ragione si preferisce non valorizzare l’esperienza di un quartiere che detiene nel suo DNA una storia semplice ma ribelle. Tutta la storia di Arcacci dalla sua nascita è una storia di una comunità da sempre impegnata contro ogni forma di discriminazione nei suoi confronti e dei suoi cittadini.

Roberto Catracchia

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