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La vita delle comunità viene prima della vita dei mercati

Quali lezioni possiamo ancora imparare dal film “La vita è meravigliosa”?
Gratitudine, famiglia, comunità e… politica economica?

Per decenni, le intuizioni di George Bailey in “It’s a Wonderful Life” [1] hanno fornito agli spettatori un’amata parabola natalizia e profondamente americana. Nel corso del film – avviso spoiler – affrontando la rovina finanziaria e il carcere, George considera il pagamento dell’assicurazione sulla vita e il suicidio come un modo per salvare la sua famiglia prima di rendersi conto, con l’aiuto del suo allegro angelo custode, che la sua vita – moglie, figli, casa e molti amici – valeva la pena viverla ancora.

Nonostante le prime recensioni contrastanti, il film del 1946 è preso in considerazione come riflessione sulla gratitudine, l’amicizia, la famiglia e la comunità.
Un pieno film natalizio, dunque. Dopo averlo rivisto, alla luce dell’economia inflazionistica e dell’era della pandemia, alla luce della fase che stiamo vivendo, è facile cogliere gli avvertimenti del film sul capitalismo e lo sfruttamento, ossessionati dal profitto. Vedendo l’intera città di Bedford Falls radunarsi intorno a George per trovare i fondi mancanti che minacciavano i suoi affari e il suo sostentamento, la narrativa trionfante della coscienza di classe e dell’aiuto reciproco si è distinta in un modo nuovo.

Quando al “Saturday Night Live” nel 1986 i comici ne hanno falsificato parodisticamente il finale, hanno mostrato che gli angeli del film non erano davvero migliori e – anzi – la parodia ha giocato sul quel che realmente essi avrebbero voluto: la città si riunisce per picchiare Henry F. Potter, il banchiere moralmente fallito che divora pezzo dopo pezzo la città (tranne che per l’attività di George) e che, dopo essersi imbattuto nei fondi mancanti, pensa di aver finalmente trovato un modo per abbattere George chiamando la polizia.
Nella scenetta, dopo aver realizzato che era Potter ad avere i soldi fin dall’inizio, George, la sua famiglia e i suoi amici fanno irruzione nel suo ufficio. «Non voglio i soldi, voglio un pezzo di te, Potter», dice George, interpretato da Dana Carvey, prima di gettarlo a terra. Nessuno si vendica nel film vero e proprio, ovviamente, perché una delle sue lezioni è che tutto ciò che puoi portare con te è ciò che hai dato via. È un film sul dare. E, in un certo qual modo, è anche un film sull’economia.

L’ostinato senso di integrità di George lo costringe a mantenere gli affari di suo padre e a rimanere l’unica attività che riesca a mantenersi in competizione cittadina con Potter. Ma non sta solo salvando la sua attività, sta salvando la concorrenza e le opportunità economiche, l’accesso a finanziamenti e alloggi a prezzi accessibili – in sostanza, sta salvando l’intera città, come si rende conto nella realtà alternativa che visita con l’aiuto del suo angelo custode. L’attività di George promuove il capitalismo, ma solo in una una forma più morigerata, ottimizzata non solo per il profitto ma per i tipi di risultati sociali che rendono una società forte: famiglie stabili, mobilità finanziaria, capacità di assumersi rischi e avviare piccole imprese, risparmi per mandare i figli all’università, ecc. Gli amici, la famiglia e la comunità, così amati nel film, dipendono, in parte, da un sistema economico che supporta queste connessioni. Vogliamo vivere nell’immaginaria Pottersville, cioè la Bedford Falls della realtà alternativa governata dalla meschinità e dal profitto, o a Bailey Park, il complesso residenziale a prezzi accessibili che George aiuta a costruire?
In questi giorni, stiamo conoscendo meglio la versione del capitalismo di Potter.

Il cosiddetto “miracolo del Texas“, ad esempio, si basa, su lavori poco retribuiti e su una classe perennemente sfruttata.
Noi, come stato, [Texas], consideriamo il capitalismo un fine per arricchire pochi, e non un modo per sostenere il tipo di società in cui vogliamo vivere: piena di opportunità e solidale con una forte classe media. Mentre il Texas celebra le opportunità e sembra attrarre persone che “corrono quei rischi” per innovare e costruire, spesso non viene considerato il lato negativo: gli angoli che vengono tagliati, i lavoratori la cui salute e sicurezza non sono elementi prioritari, le leggi ambientali che vengono aggirate, la struttura fiscale che non supporta l’istruzione dei nostri dirigenti di domani.

A livello nazionale, nonostante le indicazioni che affermino come l’economia sia forte, molti di noi hanno sperimentato una realtà diversa.
Ci viene detto che l’economia è in crescita, la disoccupazione è in calo e gli utili societari sono robusti. Eppure, anche se l’inflazione sembra in qualche modo attenuarsi, sta ancora superando i recenti aumenti salariali. Per le persone a reddito fisso, l’inflazione ha colpito ancora più duramente.

Questa apparente contraddizione riflette il divario tra il modo in cui intendiamo l’economia nel discorso popolare e l’effettivo sistema economico in cui viviamo. Gran parte del lavoro essenziale su cui facciamo affidamento – allevare i figli, prendersi cura degli anziani, promuovere la comunità – è spesso escluso dal nostro sistema economico [capitalismo] come hanno a lungo sostenuto le economiste femministe.

C’è stato un momento durante la pandemia in cui questo dato è sembrato particolarmente evidente e il paese sembrava essersene collettivamente reso conto: invece di una rete di sicurezza sociale funzionale, avevamo per lo più solo donne che colmavano lacune e divari sociali.

«Se le persone si prendono cura di un familiare malato o di un bambino o di un nonno, all’interno della casa e delle famiglie, si sta parlando di un lavoro prezioso che non si misura in PIL»

ha spiegato Diana Strassmann, docente alla Rice University e fondatrice della rivista, «Economia femminista».

«Se ciò che vogliamo davvero ottimizzare è il benessere umano, dovremmo preoccuparci del lavoro di cura», ha poi proseguito.

La politica può aiutare a creare i tipi di risultati a cui teniamo.
Durante il secondo anno della pandemia, ad esempio, la povertà infantile è scesa al livello più basso registrato e grazie, in gran parte, all’assistenza del governo destinata a mantenere a galla le famiglie.
Ci sono pagine e pagine di ricerche che mostrano quanto segni crescere in povertà.

Ridurre «la povertà infantile non solo migliora il benessere dei bambini e delle famiglie, ma ha anche benefici a lungo termine per la società»

ha spiegato alla «PBS» Dana Thomson, ricercatrice della fondazione [2] “Child Trends”.
Questi traguardi raggiunti potrebbero, però, erodersi rapidamente.

Il Congresso non è riuscito a prorogare il credito d’imposta sui figli, scaduto alla fine del 2021.
Non appena i pagamenti sono terminati, il giornalista Bryce Covert ha scritto sul «New York Times»:

«Il tasso di povertà infantile è aumentato immediatamente tra dicembre 2021 e gennaio 2022, in aumento del 41%».

Più o meno nello stesso periodo, il Congresso ha lasciato scadere il suo programma universale di mense scolastiche gratuite. Alcuni stati si sono fatti avanti. “Non riesco a immaginare chi penserebbe che sia giusto portare via il cibo ai bambini”, ha detto una madre a Covert.
Questo è il genere di cose che accadrebbero in un’immaginaria Pottersville.

All’inizio del film, un giovane George corre nell’ufficio di suo padre dove Potter lo spinge a riscuotere tutti i prestiti scaduti.

“I tempi sono duri”, protesta suo padre.
“Bene, allora pignora!”, risponde Potter.
“Non posso farlo”, risponde suo padre.
“Queste famiglie hanno figli”.
“Non sono i miei figli”, dice Potter.

Il mercato, come spesso viene idealizzato, non fornirà da solo le cose a cui teniamo di più.
Dobbiamo farlo l’uno per l’altro, attraverso la politica e la comunità e il riconoscimento che le nostre vite, come il destino di George, della sua famiglia e di tutti i residenti di Bedford Falls, sono indissolubilmente legate.

 

Traduzione a cura di Marco Piccinelli
L’articolo è un editoriale pubblicato dallo «Houston Chronicle» il il 28/12/2022.

Note:
[1] Il film è diventato una visione quasi obbligata e tradizionale di Natale negli USA. Il protagonista del film, a causa di guai economici, è sul punto di suicidarsi il giorno della Vigilia di Natale ma un angelo mandato da Dio lo salva.
[2] La traduzione letterale di “non-partisan Child Trends” richiamerebbe a una perifrasi complessa, ovvero: “[organizzazione] non faziosa” o “non di parte”. Andando a vedere e monitorare quel che realizza e come opera sui territori là dove è presente quest’organizzazione, è più facile caratterizzarla col nome di Fondazione.

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