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Il Trono di spade approda in sesto municipio

Nel ricordare la famosa serie televisiva, tutti abbiamo provato nell’episodio finale una sensazione acre, un po’ dolce e un po’ amara per come si conclude la storia.

La saga è una perfetta metafora delle nostre vicende politiche locali. Game of Thrones si conclude riprendendo l’inizio del primo episodio della serie dando un senso circolare al tutto: il ciclo del tempo,  la storia che si ripete. Non ci sarà più un trono ma certamente ci sarà un nuovo sovrano. Ci saranno nuovi equilibri (Sansa diventa regina del Nord indipendente) ma anche vecchi sopravvissuti (il consiglio ad Approdo del Re).
Appare un senso di tranquillità ma anche di sconforto nel vedere un nuovo consiglio politico iniziare a discutere sui soliti argomenti: rafforzare l’esercito, spiare le navi nemiche.
Proviamo a tradurre quel senso di vuoto ai nostri tempi, anziché in quelli della fantasia di Games of Thrones: al posto delle guerre di conquista, abbiamo il grido guerriero della nuova espansione edilizia; l’attivismo di reduci del bipolarismo di altri tempi nel nostro municipio. Parliamo di personaggi senza incarichi istituzionali che tirano le file nell’ombra per un nuovo patto della carbonara, come ai tempi di Alemanno, per una collaborazione tacita tra maggioranza e pezzi di opposizione a tutti i livelli istituzionali romani. Un patto che si è sostanziato nel voto favorevole alle linee programmatiche della nuova Giunta appena insediatasi, dando l’assist al neo presidente di potersi glorificare riguardo la “maturità dell’opposizione”.

Tornano in mente le parole del romanzo “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa: se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. A prima vista la cercata rivoluzione dei giovani è stata un mezzo fiasco (cfr. la passata amministrazione locale). Tuttavia, l’immagine della mappa di Westeros nella sala del consiglio, un pavimento ormai fratturato e rotto, sembra presagire che il mondo, in qualche modo, sia davvero cambiato. E in attesa di un nuovo sovrano Bran, apatico personaggio al di sopra delle parti e della fazioni e senza possibilità di eredi, si fa metafora del buon governo quello che riesce grazie alla memoria storica. Ecco che, come nelle migliori fiabe, come nei miti primordiali arrivati per tradizione orale fino a noi, il finale del Il trono di spade ci racconta qualcosa di noi, della nostra generazione, invitandoci a costruire il nostro mondo desiderato senza ripetere gli errori di eroi persi nel tempo.

Morale della storia, come nelle fiabe di Esopo: al netto dei tempi di rodaggio della giunta, è arrivato il momento di stabilire quali rapporti Gualtieri avrà con la destra-centro locale (gestionali-amministrativi) e quali discriminanti costituzionali attuerà per tutelare la democrazia nel nostro territorio. Siamo ancora più chiari: tutti i fondi impegnati per questo municipio devono diventare servizi, cantieri, opere e nessuno si deve mettere di traverso (leale rapporto istituzionale tra le parti). Mentre sui valori: nessun cedimento e nessuno spazio va concesso a chi non si riconosce nei valori fondanti della Repubblica e dello Statuto del comune di Roma. Città medaglia d’0ro per la  lotta di Resistenza all’occupazione Nazista (con beneplacito fascista) della seconda guerra mondiale e che merita di non essere offesa di nuovo.

Roberto Catracchia

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