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“Natale” fa rima con “distanziamento sociale”?

 Per natale cosa vogliamo salvare? 

Nel pieno della seconda ondata del Covid da giorni e giorni i principali mass-media ci parlano della necessità di salvare l’economia e il fatturato previsto per le feste natalizie. Una pressione mediatica forte e imponente per condizionare i decisori pubblici al fine di creare nell’opinione pubblica la necessità dell’apertura con il consumo. Non ci sfuggono le difficoltà di chi sta chiuso con il proprio esercizio commerciale, il dramma di chi perde lavoro e attività, ma proviamo per un attimo a immaginare il “tutto aperto” mentre ricoveri e virus tornerebbero a risalire come dopo l’estate. Proviamo a ricordarci che se non c’è fiducia i mercati e le attività non crescono, mentre in giro si diffonde solo paura e prudenza nella popolazione, così funziona il mercato e il capitalismo: si muove sulla fiducia. Tornare a riaprire gli esercizi commerciali senza un vaccino certo o un minimo di cure per tutti deprime la domanda di beni e servizi e relativi consumi.

I mass-media sanno bene come funziona il sistema, ma fanno i furbetti: dimenticano che dalle crisi economiche con dolore si può uscire, ma dalla pandemie, se non contrastate no!  Ci viene ancora detto che mercato e democrazia non sono in contrasto, ma il Coronavirus sta lì, ogni giorno, a dirci il contrario: il taglio netto che è stato apportato alle risorse della sanità pubblica in favore di quella privata ci dice che il contrasto mercato/democrazia è evidente dal momento che si negano diritti universali e inalienabili per ogni essere umano.        

Da anni troppa gente ha rinunciato a curarsi a causa dei costi eccessivi: il mercato sulla salute, le prestazioni sanitarie trasformate in servizi a pagamento, i tagli ai posti letto, alla medicina di base, non sono solo in collisione con la democrazia, ma sono state le condizioni di una maggiore diffusione del virus.
A tal proposito è bene ricordare e citare un passaggio di un articolo pubblicato da «Civiltà Cattolica» il 4 aprile 2020 in pieno lockdown:

«Trasformare un sistema sanitario pubblico degno di questo nome in una industria in fase di privatizzazione si è rivelato un errore. [… ] Dobbiamo innanzitutto ribadire, a rischio di creare sconcerto, che la posizione di molti specialisti di salute pubblica è coerente su un punto: la pandemia Covid-19 sarebbe dovuta rimanere una epidemia più virale e letale dell’influenza stagionale, con effetti lievi sulla grande maggioranza della popolazione, e molto seri solo su una piccola frazione di essa. Invece – se consideriamo in particolare alcuni Paesi europei e gli Stati Uniti – lo smantellamento del sistema sanitario pubblico ha trasformato questo virus in una catastrofe senza precedenti nella storia dell’umanità e in una minaccia per l’insieme dei nostri sistemi economici»

Questa dichiarazione della rivista dei Gesuiti ci dice che da tempo democrazia e mercato non fanno più rima, se si negano le prestazioni per tutti gli esseri umani, si discrimina e si mina la democrazia così come il principio di uguaglianza tra i cittadini su cui si basa una società democratico-costituzionale. Viceversa, di fronte a queste domande, il mercato capitalista finanzia e agita movimenti tesi a disorientare le persone e allora “via!” coi negazionisti e le teorie complottiste da quattro soldi. Una su tutte, davvero grottescamente stupenda, vorrebbe la pandemia da coronavirus causata da chi produce le mascherine: “un business troppo potente”, dicono costoro. Insomma, colpa di chi produce le mascherine che non faceva più affari.
Qui, in questo articolo e su questo spazio digitale, non parliamo di complotti né agitiamo teorie assurde, bensì parliamo di come funziona il sistema che attualmente governa le nostre vite, le leggi che lo regolano.
Il compito è piuttosto arduo: mostrare a tutti le leggi del capitalismo e il suo essere spietato, cinico e violento. 

Infine, nonché ironicamente, ci sentiamo di dire: il mercato dovrebbe chiedere a Babbo Natale, se le sue renne e i suoi folletti fabbricatori di giocattoli in questi giorni debbano essere in fabbrica a lavorare oppure in un reparto di terapia intensiva. Poi vediamo chi e cosa deve essere salvato per prima!

Roberto Catracchia

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