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Opportunismo, ovvietà, inconsistenza. Va in scena il film già visto del campo di centro democratico

Il campo politico del centro democratico si vuole riorganizzare a partire dalle periferie. Un leitmotiv che sa di già conosciuto e già ascoltato e che – stavolta – veste i panni delle “Agorà democratiche”. Il campo largo vuole essere un contenitore piuttosto ampio che va dal Partito Democratico a Possibile, passando per Sinistra italiana, Radicali Italiani, l’ANPI e la CGIL. Non solo esponenti locali, ovviamente, parteciperanno alla kermesse del centro democratico romano e laziale, il 4 dicembre a Via Cigola ci saranno anche personalità già candidate al consiglio comunale di Roma alle scorse elezioni come Giovanni Caudo; dirigenti radicali e consiglieri regionali, così come esponenti locali del PD (Compagnone, il vicesegretario Bellino, nonché gli eletti Battistoni e Gasparutto).
Il titolo dell’iniziativa è roboante: “Periferie: partecipazione e democrazia contro le diseguaglianze”.

Vale giusto la pena ricordare che l’80% dei relatori che interverranno nel corso dell’iniziativa che si terrà a Tor Bella Monaca ha avuto esperienze decennali di governo municipale, capitolino, regionale e nulla ha fatto per poter far sì che vi potesse essere un’inversione di tendenza rispetto a quanto la periferia ha vissuto negli ultimi (almeno) tre lustri.

Andrà in scena il film già visto della rinnovata volontà di partecipazione, della presa di coscienza istantanea da parte di una generazione di dirigenti politici e sindacali che non hanno mosso un dito, o proferito parola, nei confronti di politiche sbagliate attuate da giunte di centrodestra e centrosinistra.
Andrà in scena l’opera teatrale di una parte politica sconfitta (proprio a partire dal quadrante est) che vorrà ritrovarsi a parole e nei fatti vota con le destre le linee programmatiche del Municipio VI, a rimarcare il fatto che sono soci, sempre di più, quando si tratta di amministrare la cosa pubblica, senza andare a toccare realmente gli interessi o di andare a sanare le ferite incancrenite di una città morente.
Si esprimeranno concetti stupendi riguardo la solidarietà, si denuncerà lo stato di afflizione in cui versa la periferia e i due versanti del VI Municipio, si parlerà ma non si troverà soluzione alcuna.
Perché, in fondo, la vere questioni che generano questa disuguaglianza non verranno né affrontate, né criticate, né problematizzate, così come non vi sarà autocritica da alcuna parte politica, poiché solo in esse c’è la prospettiva corretta dell’analisi. D’altronde le stesse forze che sabato si ritroveranno attorno ad un tavolo, sono le stesse che hanno dato vita e supporto al neo sindaco Roberto Gualtieri durante la campagna elettorale.

Sindaco che, a proposito di giunte e gestioni amministrative, ha mantenuto nove deleghe tra cui la più importante è quella relativa alla gestione dei soldi del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) su cui è bene non nutrire illusioni possibiliste, come invece si ascolterà il 4 dicembre. L’operazione relativa al PNRR vede una colossale immissione di denaro a debito: prendere in prestito, cioè, dei soldi dal capitale finanziario per ridarglieli, successivamente, con gli interessi, tagliando là dove i comuni sanno dove reperire i fondi: trasporti, scuola, sanità, in un periodo di emergenza sanitaria e crisi conseguente. Politiche che si reiterano da circa un trentennio. Viene quasi da dire: “il protocollo è chiaro”.
Una Capitale che sarà vòlta ancora di più al mercato, come già il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato ha previsto: i comuni dovranno spiegare con relazioni periodiche la motivazione per cui non affidare a terzi i servizi pubblici.

Si parlerà, infine, della necessaria discontinuità da creare e che la giunta Gualtieri dovrà essere in grado di creare.
Ma quel che aspetta la città di Roma, a seguito della campagna elettorale tra “meno peggio” e “peggio” (leggi: Gualtieri e Michetti), sarà una fase di regressione ulteriore degli spazi di democrazia, tagli ai servizi essenziali (fatti passare come “razionalizzazioni” o “ottimizzazioni” di servizi), peggioramento delle condizioni dei quartieri periferici e via dicendo.

Si dirà: “Come fai a dire così? Sei una Cassandra, lasciamoli lavorare, siamo qui a dirglielo appositamente”.
Forse sì, ma c’è da dire che Cassandra, col senno di poi, aveva ragione.

E di avere ragione dopo, chi batte queste righe, s’è abbastanza stancato e vorrebbe dimostrarlo prima che i fatti accadano.
Così come accadrà il 4 dicembre, portando in scena il film già visto dell’ovvietà, dell’opportunismo e dell’inconsistenza politica.

Marco Piccinelli

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