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Elodie e la periferia a Sanremo

Nella 71esima edizione del festival di Sanremo, che si sta svolgendo in queste ore tra le tante apparizioni, tra le solite polemiche da festival e lo spettacolo imbellettato, ieri sera abbiamo potuto ammirare una bellissima donna: una cantante che viene dalla periferia della nostra città. Parliamo di Elodie. Sulle esibizioni di Sanremo e sulla sua nello specifico possiamo sorvolare: non abbiamo le competenze per giudicarla e lasciamo volentieri a voi il personalissimo giudizio. D’altronde il gusto musicale è soggettivo e non è questa la tematica del nostro articolo. Quello che cogliamo e che vogliamo raccogliere dalle sue parole è il racconto che questa donna fa della sua vita.
Perché quello che ha fatto Elodie ieri sera è svelare la difficoltà della frontiera, delle vere problematiche che vengono vissute ai margini della nostra città. Nel suo racconto si parla di bollette non pagate, di difficoltà ad arrivare a fine mese, della difficoltà per una ragazza come lei di poter emergere e per raccontare questa difficoltà utilizza una parola secondo noi importantissima: strumenti.
Su questa parola poggia il suo ragionamento, che poi è lo stesso che facciamo sempre dalle parti di «Rinascita» quando parliamo dell’abbandono e del degrado della periferia di Roma, così come delle periferie più in generale.
Gli strumenti sono essenziali e nel suo discorso viene detto chiaro e senza infingimenti: senza strumenti nessuno può farcela. Periferia onesta, crudele e anche straordinaria, la periferia proprio così come la conosciamo. Senza bellezze della vita quotidiana. Periferia che senza strumenti è sola, chiusa dietro un “muro” (e di muro parla proprio la cantante).
È quello che rivendichiamo da sempre: di abbattere il muro attraverso strumenti efficaci che riducano le distanze, fisiche e soprattutto sociali. Ridistribuzione della ricchezza e assistenza alle persone in difficoltà. Tendere mani là dove ci sono solo solitudini e individualità personalistiche legate a piccole cerchie di potere.
C’è, poi, anche il sogno, perché tutti devono sognare. Ma senza strumenti il sogno resta tale e la bellezza è evanescente.
Elodie ha parlato di discriminazione per la quale un abitante della periferia cerca di emergere e per cui dovrà faticare il doppio degli altri.
Lei ce l’ha fatta nonostante non abbia studiato e se ne prende tutta la colpa, tuttavia precisa che se non fosse stato per un incontro fortunatissimo con il maestro di jazz, Mauro Tre, lei non sarebbe arrivata dov’è.
Un racconto appassionato, di una ragazza che descrive benissimo la periferia.
Poi arrivano i soliti “giornalisti”, quelli che non conoscono la periferia e scrivono pezzi dai loro salotti buoni per i quali alcuni argomenti sono da “proletari”, per cui la periferia “è già bella così basta solo trovarla e cercarla, facendola emergere” e, così, miracolosamente il messaggio che passa è sempre il solito: “lo vedete che se uno ha un sogno e lo insegue alla fine lo raggiunge? ”
Leggiamo, ovunque, una trasposizione del suo pensiero nell’ottica del capitalismo rampante, d’assalto, un minestrone nel quale scompare la parola chiave strumenti, e compare la solita solfa del sogno che se sei perseverante si realizzerà.
Questa è l’importante e sottile differenza che bisogna cogliere e rispedire al mittente: senza strumenti, il sogno della periferia è irrealizzabile. Senza troppi giri di parole.
E i nostri sogni, dal diventare una cantante o una/un docente, valgono come quelli dei quartieri bene e i nostri sogni devono essere accompagnati dagli stessi strumenti. È quello che chiediamo, da sempre.
Per noi, un manifesto politico determinante.

Eros Mattioli

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