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Il manrovescio delle parole

IL MANROVESCIO DELLE PAROLE.
“ ...Sulla metro sento strillare un tipo che dice testualmente: “E’ tutta colpa dell’egemonia culturale dei Comunisti.” lui  urla, ma chi di dovere ha mai controbattuto? o per opportunismo ha lasciato fare…A Sinistra, in troppi hanno smarrito il GPS della memoria storica  sotto il cupolone della città eterna Come diceva qualcuno che ogni tanto va in crisi di coscienza: una sinistra che non si riconosce con la storia del movimento lavoratori non merita di esistere. Le sinistre post Bolognina sono tutte dentro questo schema post operaia e nuovista e tutte residuali alle dinamiche  dominanti, sconfitte e divise e divenute ininfluenti all’immaginario collettivo: Incapaci anche di dire cose banali come; non è vero che la storia la scrivono solo i vincitori. E’ vero solo che loro hanno i mezzi per scriverla, ma questa è una altra storia. Tanto per ricordare;  “ Scrive  il ricercatore, in questo caso vero,  Giovanni De Luna che in quegli anni, sotto la spietata regia del ministro degli Interni Scelba, “Le cifre della repressione contro il movimento operaio”
(tra il gennaio del 1948 e il settembre 1954)
si contarono:
“ 75 operai uccisi,
5.104 feriti,
148.269 arrestati,
61.243 (condanne in relazione a manifestazioni sindacali e di piazza)
e nel mondo della Resistenza (tra il 1945 e il 1953 furono 1.697 i partigiani arrestati, di cui 1.439 Comunisti, con condanne che comportarono la distribuzione di 5.806 anni di carcere che attribuiscono una dimensione  quantitativamente rilevante a questo scenario. ” Fonte: http://storieinmovimento.org/about/manifesto/ dall’articolo:
“I figli della stessa rabbia. Lo scontro di piazza nell’Italia repubblicana”  di M. Grispigni.

 

Da allora, quanto altro sangue è stato versato? Tanto, troppo. Come disse il segretario della Cgil del tempo,
Di Vittorio al ministro degli interni Scelba:
“Ci dite che siamo violenti?” “ Come mai alla fine il sangue sulle strade è sempre e solo il nostro?” Invece di reagire con senso politico e contesto storico, troppi tra di noi hanno semplicemente rinnegato il proprio passato. O seguito esaltazioni identitarie, in troppi ci siamo scordati, chi ci ha insegnato la determinazione popolare:  Come la determinazione dei contadini politicizzati, che attraverso gesti simbolici non si toglievamo il cappello davanti al padrone, mentre lavoravano nei campi. A conti fatti la determinazione è:

 

                                                           Quella definitiva presa di posizione della propria volontà.

 

Quella coraggiosa e determinata capacità di assumere delle decisioni. E’ arrivato il tempo di resettare lo scenario.  Siamo privi di un racconto, di una storia delle classi popolari, scritta dai suoi diretti protagonisti.
Prendiamo gli anni 60/70, così lontani,   così poco studiati, così tanto banalizzati nel tempo. Erano e sono per la cultura dominante  gli anni di piombo.
Erano anni drammatici: Era in corso la strategia delle bombe, il sangue versato era vero, come il dolore subito.  Era terrorismo, era vera manipolazione di storie e coscienze. Oggi ne sappiamo di più, oggi vediamo le colpe e i silenzi criminali di lor signori, di lor potenti,  era la strategia della tensione. Per una parte di giovani erano gli anni della clandestinità. Una scelta tragica.
Erano, anche anni fantastici: In ogni angolo d’Italia le classi subalterne organizzavano rivendicazioni e mobilitazioni per una nuova qualità della vita.  Erano anni tremendi:  forze oscure e non, servizi segreti, apparati internazionali,  organismi economici, tramavano e non solo in Italia per impedire ogni forma di cambiamento  dell’ordine costituito. Il nostro paese fu il loro laboratorio per eccellenza per impedire e arrestare ogni forma di alternativa e trasformazione della società in Occidente.
Erano anni ricchi di sogni:
I Genitori di allora, i loro figli, i loro anziani, i disabili, i malati mentali, i lavoratori, il ceto medio, i giovani, le donne, i diversi iniziavano ad alzare la testa da uno stato di subalternità.
Vedevano il futuro….non avevano davanti a loro un muro costruito con pietre intrise di paura.
Erano anni duri:
le cose cambiavano perché ognuno prendeva la parola nelle riunioni politiche, poi la colla e il pennello e usciva per strada per attaccare manifesti,   volantinava nei mercati di quartiere, costruiva cose materiali e non, in luoghi, dove non erano mai esistite, anche se la maggioranza silenziosa non parlava e aspettava che tu, gli levavi le castagne dal fuoco.
Erano anni: che avevano la loro violenza quotidiana, molto di più di oggi, ma c’era la voglia di sconfiggerla, non solo voglia impotente di ordine  e ancora ordine, senza ordine.
Erano tempi che portavano con sé,
anche cose di cui non abbiamo nostalgia.
Era molto tempo prima di GENOVA 2001.
Era tanto tempo prima del referendum del 2011 sull’acqua pubblica
Era 40 anni prima dell’assurdo referendum costituzionale del 2016
Erano anni di grandi conquiste per tutti, che non hanno trovato eredi negli ultimi venti anni.
Era un passato,
soffocato oggi, da un eterno presente.
Erano e divengono adesso, ali tarpate dal bisogno,
dal terrore della perdita del ruolo come persona, soggetto, individuo e membro di una comunità.
Credo che da qui, dobbiamo ripartire, se vogliamo andare oltre.

 

Tratto da “Amore attivo e rabbia operante”
di Roberto Catracchia

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