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Un patto inconfessabile per la Capitale?

Da mesi a Roma assistiamo ad un continuo balletto di dichiarazioni periodicamente enunciate dalle principali forze politiche capitoline dal senso contraddittorio e apparentemente misterioso in merito alle Elezioni Comunali di quest’anno. Sì, siamo nel 2021 e tra qualche mese saremo chiamati per il rinnovo del consiglio comunale della città e dei suoi municipi.

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A scuola di criminologia si insegna che un indizio è solo una traccia, due indizi diventano segnali, tre indizi-circostanze iniziano ad essere una certezza. Per quanto detto, sono fermamente convinto che neanche Sherlock Holmes allo stato attuale delle cose potrebbe facilmente orientarsi nel ginepraio delle prossime elezioni. In questo contesto così intricato è bene mettere insieme gli “indizi”.

Primo indizio
A pochi mesi dalle elezioni né centro destra, né centro sinistra hanno indicato e scelto un nome da designare come Sindaco in vista della scadenza elettorale. Mentre il  Movimento 5 stelle si posiziona, per il momento, sulla riconferma della Raggi. Va detto che è un copione che si ripete “pari pari”, come si dice a Roma, da almeno due tornate elettorali. In quella dello scorso anno, addirittura, l’attuale Vice Presidente del Senato, on. Paola Taverna, torremaurense di sangue, dichiarò alla stampa che era evidente come ci fosse un complotto per far vincere i 5 stelle. Quando si dice essere “oltre” la frutta. In realtà, non c’era – né c’è stato – nessun complotto per far vincere questo piuttosto che quello. C’è stata, anzi, la volontà di partecipare senza voler vincere da parte di molti dei personaggi politici che si sono candidati alla carica di Sindaco di Roma.

Secondo indizio
È stato approvato recentemente alla camera un ordine del giorno della destra che richiede risorse e poteri certi alla Capitale. Sorge una domanda: centro sinistra e 5 stelle non hanno parlamentari che rappresentino la Capitale per far sì che potessero prendere loro l’iniziativa? Perché si deve sempre inseguire la proposta altrui? È bene ricordare in questa sede che in politica chi ha in mano l’iniziativa batte il tempo e decide, scavalca, in termini di immagine e consenso, l’avversario politico del momento.

Terzo indizio
La richiesta di una convocazione per un incontro con la neo delegata delle periferie nominata dalla Raggi, avanzata da alcune realtà locali del nostro territorio, viene promossa e sostenuta da esponenti istituzionali di Pd-Leu e liste civiche pro-Giachetti con l’aggiunt delle firme di consiglieri di Fratelli d’Italia. Domanda banale: era proprio necessario rimettere in gioco su una propria iniziativa una destra agguerrita e baldanzosa come quella presente nella Capitale?

Quarto indizio
La nostra sensazione sull’attuale fase politica romana, al netto dei contorni da perfetto thriller britannico di fine ‘800 e al lordo degli indizi e delle prove, è che nessuno voglia veramente vincere le prossime elezioni comunali. Esattamente così come nel 2016.
Dall’analisi del “dna” politico dei protagonisti della vicenda, ci sembra viceversa ch ci sia una volontà, da entrambi le parti politiche, di strumentalizzare le elezioni comunali per una scambio tra le parti ai fini della tenuta politica complessiva tanto di livello nazionale quanto locale.
Rimaniamo al governo del paese e voi vi prendete Roma.
E tutti stanno buoni.

Troppo spregiudicati? Non teniamo conto della variabile Renzi o Calenda? Forse. Ma dall’incontro sulle periferie tra associazioni convocato dalla VI commissione (servizi sociali e cultura) del 23 dicembre scorso, l’impressione che abbiamo ricevuto è che, oltre i temi sacrosanti delle borgate, sembravano esserci atteggiamenti e preoccupazioni che nulla avevano a che fare con le tematiche poste nella discussione in oggetto. Un’ansia da retrobottega che, tuttavia, era ben presente. Alcuni firmatari dell’incontro erano assenti durante i lavori della commissione (Stefano Fassina, Svetlana Celli) e durante il dibattito emergeva una scarsità di proposte e intenti impressionante, sia da parte del governo capitolino che dall’opposizione. Ricordiamo che, oltre le proposte sul lavoro emerse dalla delegata alle periferie, altre proposte non sono state avanzate o raccolte. Da troppo tempo i rappresentanti capitolini non si accorgono, o fanno finta di non accorgersi, che ci aspettano anni duri e difficili ma che le risorse a disposizione della Roma popolare, anche se da anni fiaccate, non sono state ancora sconfitte per sempre. Da qui dovremmo ripartire per non cedere il futuro della Capitale al mercato, ai nuovi predoni della finanza e della criminalità. La metafora criminologica da noi prodotta ci dice che nel momento di crisi generale gli unici detentori di liquidità e mezzi divengono spesso i poteri criminali. Vogliamo fargli fare shopping lasciandoli impuniti a causa dell’assenza di una classe dirigente degna di questo nome?
In questo clima soporifero, da “quiete prima”, e non dopo, la tempesta, Roma sarà sacrificata per una partita di giro di interessi nazionali non chiari e trasparenti?

Roberto Catracchia

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