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Assessore a bando, «forma-Stato aziendale, politica virtuale»

Maledirai è una canzone del 1994, l’anno ai più non dirà molto. Si tratta dell’anno in cui Silvio Berlusconi si affermò politicamente, nonché culturalmente, in Italia. «Forma-Stato aziendale: politica virtuale», diceva la canzone, che aggiungeva «adesso Roma è un borgo catacombale / Firenze ha un fiume secco e un piano alluvionale / Genova corsara ha navi stellari». La gracchiante ugola di Giovanni Lindo Ferretti urlava contro un sistema ostile e contro un fare politica che era più proprio all’amministrazione di un’azienda.
Il Movimento 5 Stelle, tecnicamente, ha risolto i problemi di Berlusconi e del berlusconismo: ha imparato a contestare il metodo berlusconiano diventando, esso stesso, primo agente della burocrazia e del corporativismo di questo Paese. Ma questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto fondamentale degli attuali alleati di governo, ovvero il Partito Democratico e Liberi e Uguali (cioè l’attuale alleanza della galassia di È Viva, Sinistra Italiana, Art.1-Movimento democratico e progressista).

Pubblicare un bando in cui si ricerca un assessore donna per le quote rosa dà la cifra di quel che stiamo dicendo: quando la politica perde la funzione di indirizzo e controllo diventa semplicemente un gioco amministrativo, anche piuttosto brutto. Come quando giochi a Risiko, hai un solo carrarmato in Kamchatka ma devi rimanere al tavolo perché gli altri giocatori devono finire la partita. La politica diventa un convitato di pietra. Ovvero: un qualcosa che se c’è va bene, se non c’è fa lo stesso, tanto ci pensano i tecnici.
O ancora meglio, ci pensa chi arriverà col bando.
Che la storia si ripeta prima come tragedia e successivamente come farsa è incontrovertibile: così come la presa di coscienza che l’assessore non avrà neanche tempo di insediarsi dato che le elezioni del 2021 saranno presto alle porte.
Certo è che in questo caso si procede un po’ come l’Armata Brancaleone: sanza meta. E più si va sanza meta, più gli agitatori del malaffare e del consenso spicciolo urlano.

Antonio Leone

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