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L’infelicità di essere Gramellini

Deve essere dura “essere Gramellini”: ogni mattina in edicola deve comparire un articolo a tuo nome.
Certo, hai il prestigio di avere una tua rubrica sul quotidiano più importante e venduto d’Italia, ma – insomma – gli argomenti, spesso, latitano. Si nascondono e sfuggono come i corsi dei fiumi carsici e riaffiorano solo in seguito, quando ormai il giornale è già in stampa. E spesso non sai, davvero, “cosa inventarti”.
Finisce che dai alle stampe un pezzo di poche centinaia di battute pieno di riferimenti a fatti che il lettore ha visto propinati in prima pagina per giorni e che, a dire il vero, c’entrano poco con quello che vorresti dire. Però, in fondo, lo dice anche il proverbio: tutto fa brodo.

Stamattina [3 gennaio 2023] Gramellini nel suo “Caffè” rende noto ai lettori che «non deve essere facile il mestiere del leader di sinistra», alludendo – con questa espressione da sospiri e spalle alzate – alla polemica riguardo il soggiorno di Giuseppe Conte e Olivia Paladino a Cortina in un hotel di lusso.

«Se entri in un negozio di lusso  – scrive Gramellini sul “Corriere della Sera” di stamani – per comprare un pensierino a tua moglie, come è successo a Bersani qualche tempo fa, ti ritrovi iscritto d’ufficio al club dei capitalisti. Se poi sei il capo dei cinquestelle e ozieggi a Cortina in un hotel omonimo, vieni costretto a giustificarti neanche ti fossi pagato la vacanza taglieggiando i percettori del reddito di cittadinanza».

Si legge ancora:

«[…] Chi invece è già ricco di suo e si batte per migliorare le condizioni di chi è più povero viene guardato storto fin dai tempi dei Gracchi».

Senza stare troppo a filosofeggiare su quanto ha scritto riguardo “il mestiere del leader di sinistra”, che sarebbe molto difficile perché – si legge tra le righe – implica una rigidità morale più alta ed austera di quella di un frate francescano che dovrebbe vivere dimentico del mondo in una cella del più remoto eremo delle Orobie, fa sorridere il paragone storico che è stato messo in atto.
Non tanto perché le persone ricche «che si battono per migliorare le condizioni di chi è più povero» vengano guardate male, ma perché questa categoria di “ricchi- a-cui-piacciono-i-poveri” è tanto irreale quanto abusata.
Sarebbe da ricordare all’editorialista del Corriere che i Gracchi vennero perseguitati (Tiberio ucciso e Caio indotto al suicidio) proprio dalla parte più ricca della società romana che non voleva, in alcun modo, essere posta al giudizio di un tribuno della plebe qualsiasi. Specie se quel tribuno esprimeva concetti inascoltabili alle orecchie della nobiltà e alta borghesia romana: destrutturare il monopolio, distribuzione delle terre. Oh mon Dieu! C’est le socialisme!
La giustizia sociale è un concetto remoto nelle intenzioni di Massimo Gramellini. Evidentemente.

Ci si dovrebbe soffermare anche sul fatto che, nell’articolo, Giuseppe Conte sia associato alla dicitura “leader di sinistra”. Come se fosse davvero “leader” e “di sinistra”.
Ma tant’è.

Davide Trochisz

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