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Sciopero contro la guerra: la manifestazione ignorata dai media

Riportiamo il comunicato stampa del Sindacato Intercategoriale Cobas (SiCobas)

CENSURA DI STATO SULLA GRANDE MANIFESTAZIONE DEL 3 DICEMBRE A ROMA.

MA NON È UNA NOVITÀ.

A margine del grande corteo di sabato scorso, che ha visto un fiume di migliaia e migliaia di lavoratori, studenti e disoccupati invadere la capitale, in molti si sono chiesti come fosse possibile che tutti i media ufficiali, ivi compresa la televisione di stato pagata con le tasse di tutti noi, non abbia dedicato neanche un secondo e neanche un trafiletto a un evento di tali dimensioni.
Qualcuno, giustamente, si domanda a quale livello di prostituzione al potere sia giunta la stampa mainstream, se un raduno di Calenda con neanche 100 persone trova spazio su tutti i telegiornali e un corteo contro la guerra e il carovita che blocca il centro di Roma per un intero pomeriggio viene sistematicamente ignorato.
In realtà, quella della cosiddetta “libertà di stampa” in regime capitalistico è una delle tante leggende dure a morire. I media ufficiali costituiscono da sempre uno dei principali apparati di controllo politico, culturale e mentale della borghesia sulla popolazione, e in primo luogo sui lavoratori e sui proletari: ciò tanto più nell’era del digitale e degli spazi inediti e insidiosi che la rete offre alla comunicazione “non allineata” ai diktat di un potere sempre più debole e sempre più delegittimato finanche nel rituale delle “libere elezioni”, cioè nel “tempio” della democrazia borghese.
La censura del corteo di sabato è tanto più ridicola se si pensa che proprio il governo italiano e le finte opposizioni da 8 mesi utilizzano il tema della mancanza di democrazia e di bavaglio alla stampa come ipocrita tamburo di guerra per arruolare la popolazione nelle campagne di odio russofobico a seguito dell’invasione dell’Ucraina e della guerra per procura attualmente in atto tra Nato e Russia.
Ma si sa, da sempre i paladini della democrazia liberale invocano i “diritti universali” solo in casa altrui…
La crisi di sistema nella quale il capitalismo è da tempo avviluppato, e la precipitazione di questa crisi avvenuta negli ultimi due anni prima con la pandemia, ora con la guerra in Ucraina e con l’emergenza ambientale ed energetica globale, rende impossibile ogni ipotesi di “libero accesso”, sia esso al lavoro, al salario e ai servizi sociali, sia che si tratti dell’informazione sulle condizioni di vita reali di chi vive del proprio salario, in Italia come nell’intero Occidente.
In un tale contesto, è del tutto scontato che ai media di potere sia assegnato il compito di distrarre le masse col gossip delle scappatelle sentimentali dei vip o con la scaletta del prossimo festival di Sanremo, pur di silenziare la voce e le lotte contro la guerra, per migliori condizioni di vita e salariali. Così come è scontato che la “cronaca politica” coincida unicamente con quella dei lavori parlamentari e quella “sociale” sia anch’essa ricostruita unicamente per dare visibilità e consenso a questo o quel partito o schieramento parlamentare, oppure ai sepolcri sempre più imbiancati dei sindacati di stato Cgil-Cisl-Uil-Ugl.
Le manifestazioni non funzionali alla farsa “democratica” vanno narrate solo nel caso in cui si verificano scontri di piazza da utilizzare come pretesto per scatenare un’orda mediatica tesa a criminalizzarne e demonizzarne le ragioni agli occhi dell'”italiano medio” e della piccola borghesia.
Altrimenti vanno silenziate!
Non è un caso se l’opposizione in corso all’abolizione del reddito di cittadinanza, che cresce ogni giorno di più soprattutto al sud, viene rappresentata unicamente come il prodotto dell’iniziativa dei 5 stelle, con tanto di riflettori puntati su “Giuseppi Conte che viene a Napoli per incontrare i percettori del RdC” nel mentre cala una coltre di silenzio su centinaia di disoccupati che nello stesso giorno, in concomitanza con lo sciopero generale del sindacalismo di base, occupano per ore gli uffici dell’ispettorato del lavoro…
Chi oggi vuol fare passare l’idea che tutto ciò sia il prodotto del “fascismo che avanza” come effetto diretto della presa dei palazzi da parte di Giorgia Meloni e dei camerati di FdI, mente sapendo di mentire.
Il rapporto “causa-effetto” è in realtà inverso: la destra meloniana oggi è perfettamente funzionale a portare a termine un offensiva a carrarmato contro gli operai, i disoccupati, gli immigrati, gli studenti, le donne e, più in generale, gli strati oppressi ed esclusi della popolazione, con un grado più accentuato di intensità e di aggressività, ma in perfetta continuità con l’operato dei vari Letta, Gentiloni, Conte, Draghi.
Del resto, già nell’autunno del 2018 la città di Roma fu invasa da più di 10 mila manifestanti in occasione del corteo del SI Cobas contro il decreto sicurezza di Conte-Salvini-Di Maio, e anche in quell’occasione il silenzio della stampa fu assordante…
Sabato scorso abbiamo assistito a una mobilitazione e a un protagonismo di classe senza precedenti nell’era post-pandemia: una piazza non solo piena e variegata nella sua composizione, ma anche e soprattutto con le idee chiarissime riguardo la necessità di costruire un opposizione di massa ai piani di guerra e di macelleria sociale di governo e padroni.
E per questo incompatibile con ogni velleità politicista tesa a svilire le ragioni dell’autonomia di classe sull’altare di improbabili operazioni di utilizzo elettorale in chiave riformista.
SI Cobas nazionale

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