Affermare quel che ho appena scritto, in effetti, rappresenta la più concreta rappresentazione di una frase fatta.
In questo caso il senso unico di marcia era rappresentato dalle tre “i” sopra citate che hanno stravolto il sistema scolastico e hanno dato come risultato quello dell’inserimento dell‘educazione all’imprenditorialità nelle volontàministeriali.
Non a caso si promuovono le competenze e non le conoscenze.
Non a caso l’Alternanza-Scuola-Lavoro viene chiamata Percorso per le competenze trasversali e l’orientamento.
Ma questa è un altro capitolo della nostra storia.
Geografia sì, ma umana
L’insegnamento che è andato modificandosi nel corso del tempo e dei provvedimenti del legislatore prima della pubblicazione della Riforma ha, infine, corretto il tiro: non eliminazione della geografia ma sì all’inserimento nei curricula scolastici nella sua declinazione di geografia umana. Cioè la disciplina che, sebbene affondi le radici nella narrazione e nella trattatistica del greco Erodoto, ha subìto vari mutamenti nel corso dei secoli e dei millenni fino ad assumere una rilevanza nell’ambito accademico, dato che l’ambito di studio non rappresenta solo l’uomo sulla Terra e il suo spazio d’azione. Non si limita solo ad indagare: «la distribuzione degli uomini sulla Terra e la maniera in cui vivono» ma anche «l’azione umana modificante le piramidi ecologiche in cui» l’uomo si inserisce; dunque energie rinnovabili, consumo di suolo, sviluppo industriale, PIL. Ma anche, vien da sé per quanto scritto precedentemente, lo spazio economico e sociale:
«il funzionamento delle società e sul modo in cui le distanze e la lontananza ne influenzano variamente le attività. Il corpo sociale somiglia a una macchina: perché funzioni bene, le sue parti devono articolarsi tra loro in modo efficiente» [4].
Libri di con-testi
Il manuale di Geostoria diventa, alla luce di quanto riportato, un corpus che al suo interno contiene sia la Storia in senso stretto (es. Giulio Cesare, impero romano, etc etc) che pagine – componenti intere unità a sé stanti – di geografia umana, economia, sviluppo umano, sviluppo industriale e via dicendo. A voler rispettare le indicazioni del Ministero, il programma dovrebbe procedere a balzi, portando la spiegazione ad un incedere frettoloso tra analessi e prolessi storico-geografiche che, quasi sempre, non sono in minima correlazione tra di loro.
Per fare un esempio: ci si potrebbe ritrovare a parlare di Giulio Cesare e del suo aver oltrepassato il Rubicone ma, contestualmente, a dover trattare del dissesto idrogeologico del centro Italia.
Non si sta affermando che non sia importante parlarne: va fatto. In altre discipline, rimodulando [in effetti: si aprirebbe un capitolo molto lungo] le indicazioni nazionali.
Non già, quindi, saper collocare territori e nazioni sulla mappa, oppure conoscere l’orografia di un territorio dato su di una cartina muta come esercizio alla conoscenza e di applicazione su uno strumento scientifico: il mutamento rappresenta lo studio di come l’uomo abbia stravolto il paesaggio per evitare che esso cambi ancora aspetto per azione umana. O, se si preferisce, per capire come si può ancora sfruttare.
Tra i vari temi di geografia umana, nei manuali di Geostoria del biennio, è facile imbattersi in argomenti come: l’appalto esterno e la globalizzazione; lo sfruttamento del territorio attraverso le energie rinnovabili et similia, tutto in dosi omeopatiche senza realmente mostrare la realtà in cui il presente viene vissuto e percepito.
L’outsourcing è presentato come dato di fatto e non come realtà violenta di appalto esternalizzato per cui c’è disoccupazione e miseria da un lato, sfruttamento e paghe basse per il guadagno di uno (o pochi), dall’altra.
Se si presentasse l’appalto, la delocalizzazione (o per continuare con un termine anglosassone
outsourcing) con esempi concreti che facciano percepire la realtà della situazione (come va di moda ora nell’impostazione educativa dei ministri che si sono avvicendati a Viale Trastevere) bisognerebbe far capire che il capo acquistato l’altro ieri dalle grandi catene della moda, presenti in ogni centro commerciale,
si sono macchiate di omicidio in più d’un’occasione. [5]
Proprio grazie a quella tendenza di modificazione del tessuto economico e geografico (umano!) che viene presentata come migliorativa di una situazione pre-esistente.
Eppure…
La Storia è una di quelle materie per cui ci vuole una capacità d’astrazione elevata, da esercitare nel corso degli anni scolastici: un esercizio costante per cui alla fine del percorso della scuola dell’obbligo lo studente dovrebbe acquisire gli elementi di critica storica necessari per comprendere il presente e problematizzare il passato.
Niente di tutto questo avviene nell’ambito dell’insegnamento di Geostoria prima e Storia dopo.
O, se dovesse accadere, solo in minima parte e per determinate fasi storiche, rendendo vana la missione educativa della crescita personale e dell’elaborazione critica riguardo le epoche vissute dall’essere umano.
Azzerare la critica e la problematizzazione, così come lo studio analitico della Storia, rappresenta la volontà non tanto di “non voler far conoscere il passato” ma di presentarlo come se si stesse studiando una declinazione latina: come un«termine fisso d’eterno consiglio»(stavolta in senso letterale), per parafrasare Dante Alighieri.
“L’ultimo faraone”
Lo spunto di questa riflessione piuttosto banale riguardo l’insegnamento di Geostoria, è scaturito da un fatto accaduto nel corso di questo anno scolastico (2022/2023). Dopo aver riconsegnato la verifica sugli egizi, fatta svolgere in una prima classe di un liceo scientifico della periferia romana, una ragazza (di origine bengalese) ha scritto: “l’ultimo faraone egiziano è Hosni Mubarak”. L’equivoco di comprensione nasce dal mancato inserimento delle “virgolette”, o di una specificazione così come di una perifrasi, da parte degli autori del manuale: in mancanza di una precisazione, la studentessa ha equivocato la porzione di storia dedicata al Nuovo Regno egizio. Non solo: ha sovrapposto l’insegnamento della storia dal punto di vista diacronico, così come presentato in classe, con l’unità di geografia umana legata agli sviluppi politici della Stato egiziano contemporaneo.
A seguito della mia correzione, lo smarrimento è stato cospicuo. La studentessa era disorientata e ha provato ad argomentare come si fa di solito: «Prof, c’era scritto sul libro». Mai come in questo caso il manuale, concepito per uno scopo e per una direzione univoca del sapere (peraltro trasmettendola piuttosto male dal punto di vista del lessico e della punteggiatura), ha dimostrato la sua vulnerabilità nell’applicazione del dettato ministeriale del piede in due scarpe: cioè la geostoria.
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