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Ripetere l’ovvio è un atto rivoluzionario

In Italia il Presidente del consiglio dei ministri non è eletto direttamente dagli elettori: non si tratta di un’elezione diretta, dunque, ma “indiretta” in quanto i rappresentanti eletti e designati come ministri si riuniscono ed eleggono il o la presidente.
Tuttavia la becera e ignorante stampa lo chiama “premier” già da un decennio, assimilando due figure completamente diverse.
Così facendo, nell’immaginario collettivo c’è gente che pensa come già oggi Giorgia Meloni possa andare da Mattarella forte del suo mandato elettorale e  chiederà l’incarico di formare il Governo. Non è così.
Tempo fa la stessa cosa accadde a Luigi di Maio, precisamente alla scorsa tornata elettorale: in un post sul “Blog delle stelle”, intitolato La volontà popolare sopra ogni cosa(Kant, ora pro nobis), sosteneva:

«Come abbiamo detto in campagna elettorale è finita l’epoca dei governi non votati da nessuno. Il premier deve essere espressione della volontà popolare. Il 17% degli italiani ha votato Salvini Premier, il 14% Tajani Premier, il 4% Meloni Premier. Oltre il 32% ha votato il MoVimento 5 Stelle e il sottoscritto come Premier. Non mi impunto per una questione personale, è una questione di credibilità della democrazia. È la volontà popolare quella che conta. Io farò di tutto affinché venga soddisfatta. Se qualche leader politico ha intenzione di tornare al passato creando governi istituzionali, tecnici, di scopo o peggio ancora dei perdenti, lo dica subito davanti al popolo italiano».

Ora, in tempi di crisi e di informazione drogata, è bene riprendere ogni concetto e ripeterlo fino allo sfinimento: il “Premier”, in Italia, non esiste. I Governi, tecnicamente, non sono votati da nessuno, come al contrario ha affermato Di Maio quando era sulla cresta dell’onda e ora si ritrova impantanato in percentuali risibili grazie al suo opportunismo trasformistico, secondo solo al De Pretis che fu; così come affermato dalla Meloni a più riprese nel corso di enne campagne elettorali; così come affermato da Salvini e via dicendo.
Nella Costituzione italiana il termine premier non sta scritto da nessuna parte, né tantomeno è mai stato normato che il candidato del primo partito debba obbligatoriamente essere designato dal Presidente della Repubblica come Presidente del Consiglio dei Ministri (non premier): Craxi è stato per anni Presidente del Consiglio con il Partito socialista italiano ben lontano dal 15%.
Dunque, non sarà Meloni ad essere la  prossima, nonché prima donna, Presidente del consiglio dei ministri? Forse sì, ma potrebbe anche non esserlo e non sarebbe scandaloso né eversivo, come si dirà tra neanche 48 ore. Però possiamo già “giocare” con dei nomi e considerare che, forse, ci potrà essere una donna Presidente ma potrebbe essere l’uscente Presidente del Senato (Alberti Casellati) o, al contrario, il vice presidente del Parlamento Europeo (Tajani): figure rassicuranti per l’apparato, da pochi scossoni per “i mercati”.
Figure da “pilota automatico”.
Qualcuno urlerà al golpe, si chiamerà l’impeachment (come se servisse a qualcosa nell’ordinamento politico istituzionale italiano) e via dicendo.
Ma, ancora una volta, si farà l’interesse del capitalismo europeo, di cui pure la Meloni e Fratelli d’Italia ne sono i migliori agenti assicuratori.
marco piccinelli

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