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Il caso “Via col vento”, ovvero di come siamo caduti in basso

Partiamo dalla cronaca. La piattaforma streaming HBO MAX è appena nata e si trova al centro di una polemica. Tra i film che propone c’è il classico “Via col vento” (“Gone with the wind”, 1939), ambientato durante la Guerra Civile americana. Un film che palesemente illustra una realtà razzista in cui gli uomini di colore erano i servi e i bianchi i padroni.
Il regista e sceneggiatore John Ridley ne richiede la rimozione. Ma non una censura tout court, bensì un periodo di oscuramento per poi essere reintrodotto sulla piattaforma insieme ad altri film che trattino lo stesso argomento da diversi punti di vista.
La questione, cavalcata dagli esperti di dis-informazione, ha creato scompiglio.
C’è chi parla di censura, chi di eccesso di politically correct, chi invece plaude all’iniziativa perché non è possibile parlare di certi argomenti se non si è parte in causa.
Chi parla di censura sbaglia perché il film tornerà. Chi parla di eccesso di politically correct può avere un minimo di ragione, ma bisogna aspettare come rientrerà in catalogo il film. Ci sarà un semplice disclaimer all’inizio che spiega in due parole la questione? In questo caso sì che ci sarebbe da scandalizzarsi per una semplice foglia di fico messa lì a causa della situazione che si sta vivendo negli USA. Chi plaude all’iniziativa per il motivo sopra descritto a mio avviso dice una cosa altrettanto grave di chi parla di censura. Porterebbe ad una società ancor più divisiva di quella che si vuole combattere, dove ognuno può parlare, in varie forme, soltanto di qualcosa che conosce perché parte in causa, o per diritto di razza (un bianco deve parlare solo di bianchi, un uomo non può scrivere di donne, e via dicendo).
Credo invece che questa vicenda potrebbe aprire una nuova fase molto importante a livello socio-culturale. Inserire la visione di un film in un contesto più ampio in cui si possa parlare dell’argomento trattato nel film con pellicole che lo raccontino da altri punti di vista, accompagnando il tutto da uno, o una serie, di programmi ad hoc che spieghino anche in che contesto questi film sono stati girati.
Un’operazione che potrebbe far crescere una nuova generazione di spettatori più consapevoli culturalmente, ma anche di persone più coscienti a livello sociale.
In tutto questo perché “come siamo caduti in basso”? Per gli stessi motivi per cui si è creata questa polemica. In un mondo ideale non ci sarebbero problemi a mettere in programmazione “Via col vento”, perché gli spettatori sarebbero già pronti alla visione. In un mondo ideale i giornalisti presenterebbero i fatti per come realmente si sono verificati, senza fermarsi all’inizio della storia. In un mondo ideale i lettori non si fermerebbero al titolo. Ecco perché la vicenda “Via col vento” è uno specchio che ci mostra come siamo caduti in basso.

Ivan Mattei

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