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Tabula rasa

Nonostante il nome della rubrica – e del nome di quello alla quale fa il verso – non credo di aver mai assaggiato un orzo in vita mia né sono mai stato questo gran frequentatore di bar. Lo dico perché, come scelta formale, stavo pensando di salutarvi fingendo l’offerta garbata di un po’ di zucchero; il punto però è che non so come si dolcifichi l’orzo, tantomeno se necessiti effettivamente di un dolcificante.
Miele forse? Non saprei onestamente. In attesa di qualcuno che mi sveli questo arcano – o del coraggio di provare la per me poco invitante bevanda – mi appresto a dare il mio contributo alla vostra giornata; come siete ridotti…

Nell’orzetto precedente, tra il faceto  il faceto, ho scherzato proponendo un’intera rubrica di miei deliri e il magnifico direttore ha deciso di prendermi più sul serio di quanto io faccia, anticipando di molto i consigli del mio terapista; del resto con il suo lavoro da docente conosce bene la follia.

Approfittando dell’assenza del mio professore di Data Management – non sembra, ma faccio anche cose serie – sto dedicando la giornata alla pulizia approfondita di casa e, tra vetri e fughe, piani cottura e lanifici di polvere, ho trovato nella mia pigrizia la voglia di lavorare. Ben inteso, non la voglia di fare qualcosa di produttivo o di fare effettivamente qualcosa – resto sempre un fautore della piena automazione, che diamine – bensì la voglia di stare seduto al computer a scrivere righe e righe di flusso di coscienza e di nulla cosmico.

Da qui il dubbio, il ragionamento, la spremuta di meningi, i pensieri lubrichi, il perdersi in foreste di pensieri e sentimenti agitati dal vento, dal vento di un desiderio… disclaimer: ogni tanto switcho su Giuni Russo, non ci fate caso. Mi chiedo: di cosa posso parlare? Mi guardo attorno, frugo la mia vita alla ricerca di qualcosa di curioso e buffo, un argomento valido, ma come ogni volta che cerco attivamente qualcosa di cui parlare, la mia mente tace e le mie dita sproloquiano sul nulla.

Il nulla, ecco qualcosa di interessante da cui cominciare, un foglio bianco! Lungi da me fare il verso o copiare articoli di altri – tipo quello sullo zero proposto da ‘Il Post‘, che non avendo letto, per pigrizia, non sarei in grado di copiare – o addirittura avventurarmi in discorsi più grandi di me, ma partiamo dall’inizio: «in principio era il Verbo»… ok, forse questo è un discorso un po’ più grande di me, ma vedete, in quanto studente di discipline tecnico-scientifiche sono afflitto da una certa ossessione nei confronti del nulla e il primo istinto e di tornare indietro, indietro, indietro…

Senza scomodare Zermelo, Fraenkel e Russell, vorrei ricordare a tutti che i ragionamenti circolari sono dietro l’angolo quando si parla di insieme vuoto, quindi, sempre seguendo la buona stella della pigrizia, li eviteremo con garbo e classe.

Quindi, qui non parlerò di esegesi biblica, logica matematica, epistemologia, insiemistica, fisica, discipline delle quali non conosco neanche l’esistenza; non parlero di nulla di tutto ciò. In effetti non parlo di nulla, mi limito unicamente a farvi perdere un po’ di tempo e questo è forse l’unico modo per parlare del nulla.

Del resto cosa avete fatto di – orrore e raccapriccio – produttivo durante questo orzetto? Nulla. Pensate che non avete neanche appreso nulla, perché il niente non si impara, si contempla: possibilmente in pigiama, con la copertina e con il libro di Data Management sotto il cuscino; sperando nell’osmosi

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